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30° anniversario dalla morte di don Tonino Bello


Lo scorso 20 aprile è stato il 30° anniversario dalla morte – anzi, come è stato sottolineato durante la celebrazione, dalla nascita in Cielo - di don Tonino Bello, Vescovo della diocesi di Molfetta –Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi.


Don Tonino, come veniva affettuosamente chiamato e come viene anche oggi ricordato, è stato testimone appassionato, esagerato, dell’amore di Dio verso tutti e in particolare verso i poveri. Abbiamo scoperto un legame particolare con la Chiesa di Bologna perché proprio qui don Tonino ha compiuto i suoi studi nel seminario dell’Onarmo (Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale Operai) per la formazione dei cappellani del lavoro. Arrivò in città appena diciottenne nel 1953 e vi rimase fino al 1959, successivamente alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1957. In questo periodo tanti e significativi sono stati gli incontri con alcuni sacerdoti (Mons. Ghirelli, compagno di seminario e don Angelo Magagnoli, rettore del seminario, per citarne solo alcuni) che si sono mantenuti e sono diventati nel tempo legami con persone e comunità della nostra Chiesa.


Per ravvivare questo legame e promuovere la conoscenza dell’impegno di don Tonino Bello soprattutto nelle nuove generazioni è in corso un gemellaggio fra le 2 diocesi che coinvolge principalmente l’Azione Cattolica e la Caritas diocesana. Il 20 e 21 aprile una delegazione guidata da Daniele Magliozzi – presidente diocesano di Azione Cattolica -, don Stefano Bendazzoli - assistente diocesano di Azione Cattolica –, don Matteo Prosperini – direttore della Caritas diocesana-, sono stati in visita a Molfetta ospiti del Vescovo Mons. Domenico Cornacchia e del direttore della Caritas diocesana don Cesare Pisani.

L’occasione è stata la Messa nel duomo di Molfetta, celebrata da S. E. Card. Matteo Zuppi. Gli amici della diocesi di don Tonino ci hanno accompagnato nei luoghi in cui ha vissuto, pregato e operato. Insieme abbiamo programmato i prossimi appuntamenti di questo gemellaggio: la visita qui a Bologna il 19 e 20 maggio di una loro delegazione e un campo per giovani in luglio che ripercorra in cammino i luoghi di don Tonino da Molfetta a Ugento, luogo in cui è sepolto.


In questi giorni a Molfetta abbiamo sentito don Tonino vivo nel ricordo di tutti - non solo di chi ha avuto la possibilità di conoscerlo – e soprattutto nelle opere concrete da lui iniziate a favore dei poveri. Le sue parole hanno proposto con forza e lucidità temi che sono di grande attualità oggi, come quello della pace. Crediamo sia importante farci accompagnare da lui in questi tempi nella riflessione sull’esigenza della pace, da invocare e costruire incessantemente. Per questo abbiamo organizzato – Azione Cattolica e Caritas – un incontro lunedì 24 aprile a Porta Pratello in cui Daniele Magliozzi e don Matteo Prosperini hanno presentato la figura di don Tonino Bello: profeta di pace.


In molti dei suoi discorsi sottolineava il concetto che la pace non è solo cessazione delle ostilità ma perché la pace possa avvenire bisogna che si attuino tre condizioni. Lo spiegava bene nel congresso tenuto all’arena di Verona nel 1989 dove esortava tutti ad alzarsi in piedi per la pace; infatti lo slogan era “In Piedi costruttori di pace”. Ribadiva con forza che per attuare la pace bisogna che ci siano giustizia sociale, salvaguardia del Creato ed equa distribuzione delle ricchezze. Più volte intervistato in occasione dello scoppio della guerra in Iraq ripeteva che non possiamo parlare di pace se prima non risolviamo il problema dell’equa ridistribuzione delle ricchezze fra paesi ricchi e poveri. Se non si risolverà questo problema la situazione mondiale esploderà e ci ritroveremo tantissime persone che vorranno scappare da queste ingiustizie. Oggi possiamo affermare che in questo è stato profetico. Ha scritto anche una lettera ai parlamentari contro l’intervento dell’Italia nella guerra del Golfo nel 1991 e prendeva spesso la parola nei confronti dei poveri e degli emarginati. Alle parole accompagnava gesti concreti come quando aprì le porte del suo Episcopio all’accoglienza dei profughi albanesi sempre nel 1991, ricordando che non basta l’accoglienza fine a se stessa, ma anche l’accoglienza va costruita in un’ottica di giustizia sociale. Invitava le comunità cristiane e specialmente i giovani ad essere più audaci a non “essere semplici notai dello status quo”.


Era un sacerdote che faceva pensare e riflettere i cattolici e contemporaneamente faceva innamorare i laici. Ci piace concludere con le sue parole (tratto dagli Scritti di pace: la pace una scommessa per l’uomo di oggi): “Coraggio non abbiate paura di scommettere sulla pace. Anzi sull’Uomo nuovo su Cristo Gesù. Egli è la nostra pace e lui non delude.".


Beatrice Acquaviva (Caritas Diocesana) e Daniele Magliozzi (Azione Cattolica)

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