La rotta balcanica è il percorso che ogni anno migliaia di persone compiono per entrare in Europa; partendo dalla Grecia i migranti risalgono la penisola balcanica fino ad arrivare nei paesi dell’Europa occidentale.
Dal 2017, ovvero da quando diversi paesi dei Balcani hanno cominciato a chiudere le frontiere, la rotta si è modificata deviando sulla Bosnia-Erzegovina.
Perché è un problema?
La Bosnia-Erzegovina tuttora risente delle conseguenze della guerra combattuta nei primi anni ‘90. Permangono tensioni sociali tra i vari gruppi etnico-religiosi dello stato: i bosgnacchi, i serbo-bosniaci e i croato-bosniaci. La conflittualità tra questi gruppi, si manifesta anche nel sistema dell’accoglienza: la comunità serba si è rifiutata fin dall’inizio di prendersi carico delle strutture di accoglienza facendo gravare l’intero peso di tale sistema sulla restante metà del paese.
È in vigore un sistema che non riesce a tutelare adeguatamente le minoranze, i disabili e più in generale le comunità rurali.
L’ondata migratoria del 2017/2018 si è quindi riversata su un sistema di per sé fragile e strutturalmente incapace di sostenere un’accoglienza su larga scala, essendo presente un solo campo di accoglienza.
A che punto siamo?
In Bosnia-Erzegovina in questo momento ci sono circa 8000 migranti, di questi circa 5000 sono divisi tra i cinque campi ufficiali dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Questi campi sono sovraffollati e incapaci di ospitare tutti: almeno 2000 persone infatti sono sparse per tutto il territorio e risiedono in ripari di fortuna, come gli edifici abbandonati, oppure i campi improvvisati nei boschi.
Attualmente poco meno di 1000 migranti si trovano nel campo di Lipa, che dovrebbe essere quello ufficiale.
Il campo di Lipa è stato originariamente pensato per l’emergenza da Covid-19. Questo campo è stato distrutto da un incendio nel dicembre 2020 che ha portato i profughi a vivere senza acqua, cibo, luce e riscaldamento; ciò ha fatto insorgere malattie anche contagiose come la scabbia.
Solo l’8 gennaio 2021 il governo bosniaco è intervenuto inviando l’esercito, che ha montato una trentina di tende e installato dei generatori per il riscaldamento. Questa misura è comunque risultata insufficiente.
Proprio per questo motivo sono intervenute sul luogo diverse associazioni, come la Croce Rossa e il Consiglio danese per i rifugiati, che hanno fornito beni di prima necessità. Inoltre, nel febbraio del 2021, Caritas italiana, IPSIA, e Caritas Ambrosiana hanno creato un nuovo spazio riscaldato.
Cosa stiamo facendo noi come Caritas?
Caritas Bologna si unisce alla Campagna avviata da Caritas Italiana e Delegazione regionale Caritas per dare un sostegno alle Caritas locali che si occupano di provvedere ai bisogni essenziali dei migranti intrappolati oltre che dagli uomini, ora anche dal gelo e dalla neve. Questa Campagna si è proposta come obiettivo non quello di accumulare enormi quantità di materiali da inviare in Bosnia, bensì di aprire una raccolta fondi per acquistare direttamente in loco i beni necessari, evitare la necessità di stoccare beni in luoghi privi di ripari e sostenere così l’economia locale bosniaca.
Cosa puoi fare tu?
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ARCIDIOCESI DI BOLOGNA - CARITAS
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CAUSALE: EMERGENZA BOSNIA
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