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Volti e storie: Vivianne



 Vivianne mi sorride con uno sguardo sereno eppure impaziente, come di una persona affamata di vita e che deve fare ancora tante cose. Ha poco più di quarant'anni, origini nigeriane e una passione per la pasticceria e il cucito.

All'inizio risponde alle domande con timidezza, quasi a volersi proteggere, finché non arriva il momento di narrare la notte del 7 aprile 2020, una notte terribile che ha segnato la sua vita per sempre: la morte di Lucky, suo marito. Quel tragico evento ha lasciato un solco indelebile nella sua esistenza, dividendo la sua vita in un "prima" e un "dopo". Per comprendere il presente di  Vivianne, è necessario fare un passo indietro, immergersi in quel passato doloroso e ricostruire i frammenti di una storia che ha plasmato la donna che è oggi.

 Vivianne è cresciuta in un contesto familiare frammentato, ha otto fratelli di tre madri diverse e mi racconta di aver conosciuto la madre solo nel 1999, quando aveva già quindici anni. Ha sempre desiderato una famiglia stabile, unita e amorevole, ed è riuscita a realizzare questo sogno incontrando Lucky. Ha trent’anni quando arriva in Italia insieme al marito, dopo aver vissuto dieci anni in Austria. Sono entrambi pastori della Chiesa Evangelica, lui è un polistrumentista appassionato e lei canta durante le funzioni e nei video che mostra con commozione.

I video mostrano una coppia felice, la gioia dell’incontro con l’altro e del far parte di una comunità, ma non mostrano le difficoltà di vivere in una nuova città, di cambiare spesso casa o di poter fare affidamento solo l’una sull’altro.

Nonostante le sfide incontrate,  Vivianne e Lucky hanno trovato una casa a Mezzolara, Budrio, dove hanno costruito una vita felice, affrontando con tenacia le difficoltà quotidiane.

Fino a ché non è arrivata la notte del 7 aprile 2020, quando Lucky è morto di Covid e la loro vita di coppia si è sgretolata. È difficile sentirla parlare di quella notte, della sua incredulità e del dolore che ha provato. Il cuore le batteva così forte, incapace di accettare la perdita, che l’hanno dovuta portare in ospedale dove ha scoperto di avere anche lei il Covid ed è stata ricoverata per oltre un mese.

Un mese di dolore e tristezza, a cui si è aggiunto ulteriore dolore quando una chiamata dalla Nigeria le ha annunciato la morte del padre. 

Vivianne ricorda la profonda solitudine di quei momenti e dei mesi successivi, ricorda la casa vuota in cui avevano costruito così tanto, ricorda gli amici che non si sono più fatti sentire. Era sola, persa e non sapeva dove andare.


È stato grazie a un’assistente sociale di Budrio che ha conosciuto la Caritas di Bologna, infatti non avendo la residenza non poteva essere presa in carico dal Servizio sociale territoriale. E lì, alla Caritas, il 22 dicembre 2020 ha incontrato due operatrici del centro d’ascolto diocesano: Francesca e Serena, le persone che l’hanno ascoltata e accolta. 

Quando parla di Serena le brillano gli occhi, la definisce la sua “una su un milione”. Dopo il colloquio in Caritas l’è stato proposto di andare a vivere in una casa di accoglienza all’interno del progetto Casa Noemi e Ruth, insieme ad altre ragazze: Anna, Roselyn e suo figlio Elmer, Aby, ed Emma, la sua compagna di stanza venuta dal Camerun. Per due anni si sono sostenute a vicenda trovando forza l'una nell'altra.

Mi racconta di Ciro, il bambino a cui faceva da babysitter e del lavoro di pulizie in una scuola che con l’aiuto di Serena ha trovato nel 2021. Della casa dove vive da sola e ha ricostruito la sua indipendenza. Racconta del processo lungo e complicato per richiedere il permesso di soggiorno in Questura, del diniego del permesso di protezione speciale che ha ricevuto nel 2023 e del ricorso in tribunale fatto con il supporto dello sportello legale di Caritas diocesana.

Sono stati anni difficili, in cui tutto è stato complicato dalla burocrazia e dalle difficoltà che affronta una persona straniera che vive in Italia; ma proprio a inizio giugno le è arrivata l’approvazione del permesso di soggiorno per protezione speciale per i prossimi due anni.  Vivianne sorride e tiene stretta la ricevuta della Questura, un sorriso radioso la illumina. Sul suo viso si intravede la forza di una donna che ha affrontato l'incommensurabile e ne è uscita vittoriosa. La sua storia è un inno alla resilienza, un esempio di come la speranza possa sbocciare anche tra le macerie del dolore.

Il futuro di  Vivianne è ancora tutto da scrivere, ma una cosa è certa: sarà luminoso. Ha imparato a camminare da sola, a fare affidamento sulle proprie forze, a trovare la luce anche nei momenti più bui. Ora, con il permesso di soggiorno per protezione speciale, potrà finalmente costruirsi un futuro stabile.

Non mancheranno le sfide e la strada sarà irta di ostacoli, ma  Vivianne ha già dimostrato di possedere il coraggio e la tenacia necessari per superarli. Ha al suo fianco una rete di sostenitori che credono in lei e le vogliono bene e ha dentro di sé il fuoco della speranza, la spinta inarrestabile che la porterà a realizzare i suoi sogni. Il futuro è pieno di possibilità, di opportunità da cogliere e di traguardi da raggiungere. E noi, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere la sua storia, non possiamo che augurarle di volare alto, di realizzare tutto ciò che desidera perché è una donna speciale, un esempio di forza e coraggio che ci insegna che anche dalle macerie del dolore può nascere qualcosa di straordinario.


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